Il mitico Stretto di Messina, che si estende dalla
trasversale di Capo Peloro-Scilla a quella di Capo S. Andrea-Capo D’Armi, ha la
forma di un imbuto sezionato longitudinalmente e possiede una soglia o diga
subacquea che porta il fondale ionico da oltre 1000 metri a soli 72 metri in località
Ganzirri-Punta Pezzo. Per queste e per ragioni astronomiche, ed altre ancora,
si manifestano forti correnti di marea pulsanti con inversione di scorrimento
ogni sei ore circa, intorno alle sizigie, mentre nelle quadrature si ha una
prevalenza di durata della “scendente” rispetto alla “montante”, perché
rinforzata dalla corrente di gradiente e da un ramo di quella costante
mediterranea di deriva. Ciò causa la risalita di notevoli masse d’acqua
contenenti sostanze nutritive che favoriscono lo sviluppo ottimale di plancton,
tanto che quest’area geografica è un autentica “oasi tra due deserti d’acqua”
(Jonio e Tirreno). Dette correnti ascensionali richiamano in superficie anche
interessante fauna “abissale” o, meglio, batifila specialmente nel periodo di
sizigia. La ricchezza del plancton, il rinnovo continuo delle acque e della
numerosa fauna “abissale”, insieme all’ impossibilità di usare la rete a
strascico, grazie al fondo accidentato, favoriscono l’ accrescimento di certi
pesci e cefalopodi bentonici, fondovaganti, senza eccessivi pericoli fino ad
età avanzata.
IMPORTANZA DELLE CORRENTI, DEI “VORTICI” E DEL “TAGLIO”
Nello Stretto, lo ripetiamo, hanno luogo forti correnti di marea, la cui velocità è pari a 9,3 Km/h, ed in alcuni punti, durante le sizigie, supera i 14 Km/h, per ridursi a 5 Km/h nelle quadrature. La causa principale delle maree è astronomica (posizione della luna e del sole), mentre nella genesi delle correnti di marea intervengono pure la geomorfologia dello Stretto stesso e la differenza di livello marino tra lo Jonio e il Tirreno, alternativamente, durante l’ alta e la bassa marea. Cosi l’ acqua è costretta a scorrere attraverso lo Stresso, ogni sei ore circa, dal livello più alto a quello più basso, prima in un senso e, poi, nel senso opposto per equilibrare momentaneamente (breve periodo di stanca) il dislivello. Quando la corrente procede da Sud (Jonio) verso Nord (Tirreno) prende il nome di “montante”; quando, invece, è diretta in senso opposto si chiama “scendente”. Le acque della “montante”, dense e pesanti, arano il fondo portandosi numerosi organismi, persino gigantesche Laminarie e pesci batifili che sono, poi, costretti ad affiorare grazie alle correnti verticali favorite anche dalla soglia Punta Pezzo- Ganzirri. Nel loro scorrere, le correnti creano alla superficie del mare curiosi fenomeni come i “sorgimenti d’ acqua” o “macchie oleose”, i “vortici” o “garofali” (il più grosso dei quali porta il mitico nome di “Cariddi”), correnti costiere chiamete “refoli”, controcorrenti o “bastardi” e il “taglio”. Quest’ ultimo, rappresentato dalla fascia di mare, piuttosto sottile, ma turbolenta, si origina proprio sull’ area o fronte di scontro tra le acque joniche e le tirreniche e procede insieme a numerosi organismi del plancton. Secondo la tradizione popolare, lo Stretto è il mitico regno dei paurosi mostri marini Scilla e Cariddi, ovvero i due presunti gorghi più violenti dello Stretto. Ciò è vero soltanto per quanto riguarda “Cariddi”, presso la lanterna di S. Raineri (secondo altri, erroneamente, all’ altezza di Capo Peloro). Scilla era, ed è ancora, pericolosa solo quando soffiano venti che potrebbero trascinare i velieri ed altri fragili “legni” sulla scogliera .
Tratto da: Berdar A., et alii: Riflessioni sulla pesca tra Scilla e Cariddi. Jason editrice, 1995
IMPORTANZA DELLE CORRENTI, DEI “VORTICI” E DEL “TAGLIO”
Nello Stretto, lo ripetiamo, hanno luogo forti correnti di marea, la cui velocità è pari a 9,3 Km/h, ed in alcuni punti, durante le sizigie, supera i 14 Km/h, per ridursi a 5 Km/h nelle quadrature. La causa principale delle maree è astronomica (posizione della luna e del sole), mentre nella genesi delle correnti di marea intervengono pure la geomorfologia dello Stretto stesso e la differenza di livello marino tra lo Jonio e il Tirreno, alternativamente, durante l’ alta e la bassa marea. Cosi l’ acqua è costretta a scorrere attraverso lo Stresso, ogni sei ore circa, dal livello più alto a quello più basso, prima in un senso e, poi, nel senso opposto per equilibrare momentaneamente (breve periodo di stanca) il dislivello. Quando la corrente procede da Sud (Jonio) verso Nord (Tirreno) prende il nome di “montante”; quando, invece, è diretta in senso opposto si chiama “scendente”. Le acque della “montante”, dense e pesanti, arano il fondo portandosi numerosi organismi, persino gigantesche Laminarie e pesci batifili che sono, poi, costretti ad affiorare grazie alle correnti verticali favorite anche dalla soglia Punta Pezzo- Ganzirri. Nel loro scorrere, le correnti creano alla superficie del mare curiosi fenomeni come i “sorgimenti d’ acqua” o “macchie oleose”, i “vortici” o “garofali” (il più grosso dei quali porta il mitico nome di “Cariddi”), correnti costiere chiamete “refoli”, controcorrenti o “bastardi” e il “taglio”. Quest’ ultimo, rappresentato dalla fascia di mare, piuttosto sottile, ma turbolenta, si origina proprio sull’ area o fronte di scontro tra le acque joniche e le tirreniche e procede insieme a numerosi organismi del plancton. Secondo la tradizione popolare, lo Stretto è il mitico regno dei paurosi mostri marini Scilla e Cariddi, ovvero i due presunti gorghi più violenti dello Stretto. Ciò è vero soltanto per quanto riguarda “Cariddi”, presso la lanterna di S. Raineri (secondo altri, erroneamente, all’ altezza di Capo Peloro). Scilla era, ed è ancora, pericolosa solo quando soffiano venti che potrebbero trascinare i velieri ed altri fragili “legni” sulla scogliera .
Tratto da: Berdar A., et alii: Riflessioni sulla pesca tra Scilla e Cariddi. Jason editrice, 1995